In questa storia non ho nessun ruolo se non quello di spettatrice.
Quella sera i fratelli si rincorrevano per la città, burlando i vicini, le guardie e i loro vicini che se ne stavano in piazza a giocare e chiacchierare.
La luna si comportava come se non volesse farsi vedere e giocava a nascondino fra gli alberi del bosco. Improvvisamente la si trovava a specchiarsi (narcisa) nel mare e ad illuminare le altre isolette poco distanti fra loro.
Oreste si avvicinò fino all'orlo del precipizio, guardò il panorama e prese a indicare un punto remoto davanti a sé: "Guarda fratello: è lì che dimora la mia futura sposa...". Ettore si girò a guardarlo: fu un attimo. Vide il cavallo imbizzarrirsi e levarsi su due gambe. Oreste, inevitabilmente, perse l'equilibrio. Mentre scivolava giù verso gli scogli e le onde non pensava alla sua vita ormai passata non sapeva di morire ma, vedeva il futuro, come una sorta di premonizione:
"Ettore inizia ad urlare e a tenersi il capo fra le mani, ma nessuno lo sente. Si avvicina al precipizio e vede sangue sugli scogli e il corpo di suo fratello sbattuto contro le pareti di pietra e trasportato dal mare. Ormai sa di averlo perduto, ma riuscendo a trovare un minimo di autocontrollo, decide di recuperare almeno un brandello di pelle su cui costruire un degno sepolcro".
Per anni Ettore setacciò tutte le spiagge dell'arcipelago con la convinzione di riuscire a trovare un pezzo di suo fratello, impazzendo. Ciò a cui non penso fu la grandezza del mare e i suoi venti. Già il giorno dopo la morte di Oreste il suo corpo fu trasportato dalle correnti marine a chilometri di distanza, da est verso ovest, da nord verso sud, diventando nient'altro che cibo per pesci.
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